Di bilanci, inverni e frecce scoccate lontano

Disclaimer: questa riflessione è piuttosto personale. Confido che le mie parole siano qualcosa che, se ti suonano familiari,
ti facciano sentire meno solitudine, più connessione, possano essere uno spunto utile.

Dicembre, mese di somme e di bilanci.

 

Scrivo con Hans Zimmer in sottofondo che mi porta attraverso alti e bassi emotivi da paura. Quest’anno mi ha mostrato molti bassi – il tipo di cosa che sono sempre stata abituata ad evitare. Chiaro, certi brutti eventi non li possiamo evitare, ma si può evitare di guardarli in faccia. Ecco, a lungo questa è stata una mia abitudine.

 

Pensare sempre alla soluzione ogni volta che l’accenno di un problema o di una sensazione negativa
si avvicinava. Fare qualcosa, reagire, scappare. Mai stare.

 

Quest’anno, è stato largamente dedicato al restare. In particolare, restare con me.

Ho deciso di avviare seriamente l’attività di coaching, ma non ho fatto i conti fin da subito con la grande P.

 

Paura. Che, appartenente al gruppo delle mie emozioni difficoltose seppellite o evitate, è forse quella che l’ha fatta a lungo da padrona, seguita a ruota dalla rabbia.

Paura di non farcela, di non sapermi prendere cura di me, di non saper affrontare e resistere.
Convinzioni schermate dal tipo di speranza che si impara sui libri e nelle storie migliori, mascherate da difetto fatale di unx personaggix eroicx; convinzioni radicate, ferite che nonostante un lungo periodo di terapia altalenante, non si sono mai cicatrizzate del tutto. Non importava quanto avessi studiato a riguardo, quanto ne avessi parlato, quanto avessi analizzato. Certo, tutta roba utile questa, ma tutta razionalizzata.

Quest’anno, il mio corpo mi ha portato a guardarla da vicino. A sentire, invece di pensare.

Decidendo di fare per davvero qualcosa – una professione da freelance oltre al resto del lavoro, aprirmi alle emozioni, cambiare modo di relazionarmi a favore di uno più autentico
e personale – ho lasciato venire a galla emozioni che erano probabilmente sepolte da
lungo tempo.

Ho riaffrontato il panico, in un modo più grosso e spaventoso dei precedenti.
Mi sono presa del tempo per me, sono partita per un viaggio di formazione, ho fatto spazio alle mie emozioni più scomode e preso per mano quella che chiamiamo bambina interiore.

Unx coach sta a fianco di chi cammina, e guida sul sentiero. Non sa cosa succederà,
ma crede e si fida.

Però è difficile stare al fianco di qualcuno che osserva le sue parti più scomode e cerca di decidere un percorso nuovo e autentico senza aver fatto la stessa cosa. E così ho iniziato
ad aprire la porta a questioni di lunga data con me stessa: ammettere di poter fallire, di poter interrompere, di stare a vedere come restare con me anche nelle ore più buie invece di concentrarmi al di fuori. Imparare a sentire tutta quella rabbia e farsene qualcosa, capire come esprimerla. Piangere, tanto.

L’inverno, in molte culture, è letargo simbolico, è osservare l’immobilità, il freddo, la difficoltà. È riposo. E il riposo non è semplice per chi vive questa epoca, persone abituate a fare, fare, fare, distrarsi, arrivare al risultato. Tuttavia, è importante proprio per questo fermarsi.

Come quando esali un respiro mentre sei all’esterno, nel freddo invernale, quando c’è nebbia o il cielo è grigio. Stare a guardarlo con meraviglia.

Per decidere di agire, per cambiare le cose, è fondamentale fermarsi a osservare. Prendere fiato, capire cosa non è andato, assaporare fino in fondo il gusto del dolore o del fallimento o della paura e stare a vedere che non ci spezza, che è umano provarli, che servono anche loro.
Serve sentire quell’energia affinché il sistema nervoso la lasci andare e riparta con nuova consapevolezza, con più fiducia, con più saggezza.

Non ho ancora costruito tutto il coraggio che desidero. Ma almeno, per una volta, mi sto guardando allo specchio con la mia paura.

Coaching pill:

Per la conclusione di quest’anno, prenditi tempo.

Scegli un posto vicino alla natura dove fare una passeggiata, o dove sederti per almeno una decina
di minuti. Poi, dove senti di stare in comodità, poniti queste 3 domande guida per il tuo Check Emotivo:

  1. Qual è stata la più grossa occasione di crescita per me quest’anno? Perché?

  2. Che competenze ho dimostrato in quella situazione e come mi fa sentire riconoscerlo?

  3. Se dovessi sceglierne una, qual è la mi intenzione per l’anno che arriva? (Non un obiettivo,
    non un risultato. Un’intenzione: si tratta di qualcosa che si guida dall’interno, non da ottenere).

Da ultimo, chiudi gli occhi, e fai tre profondi respiri, portando una mano al petto e una alla pancia.
Concediti di restare con te, di stare solo a guardare. Darti spazio, per poter espanderti.

 

Per il tuo personale bagaglio
a mano:

Mi definisco Irish at core. E così per la fine di quest’anno e l’inizio del nuovo, ti lascio la tradizionale benedizione
del viaggiatore, che si dice sia stata scritta da Saint Patrick:

“May the road rise to meet you, may the wind be always at your back, may the sun shine warm upon your face, and the rains fall soft upon your fields and, until we meet again, may God hold you in the palm of Their* hand.”

 

In bocca al lupo per il tuo viaggio, bella persona.

Take care.